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L’Analisi

Incontro Erdogan – Putin. Russia e Turchia ritornano al passato

di Valeria Giannotta

Data pubblicazione: 12 ottobre 2016

Ritorno al Passato. Questo è lo spirito che ha suggellato il recente accordo tra Russia e Turchia, dando continuità al memorandum d’intesa già firmato nel 2015 da Botaş e Gazprom, che con la messa in opera del gasdotto Turkish Stream mira ad intensificare le relazioni bilaterali, sottoposte a dura prova dalla crisi diplomatica a seguito dell’abbattimento del jet russo nel novembre 2015.

Il Turkish Stream è stato studiato per trasportare annualmente 63 miliardi di metri cubi (mc) – di cui 14 (mc) andranno alla Turchia e il resto agli altri Paesi europei – di gas naturale verso i mercati europei utilizzando il corridoio Mar Nero con ingresso dal compressore “Russkaya” nel sud della Russia e stazione terminale in territorio turco nella Tracia nord occidentale. La nuova “rotta del gas” bypassa sostanzialmente l’Ucraina e Bulgaria e va di fatto a sostituire il disegno originario South Stream, di identica portata, il cui costo si aggirava intorno ai $23 miliardi.

Certamente la messa in pista del progetto non coglie di sorpresa: durante la sua visita a San Pietroburgo l’agosto scorso il Presidente turco Erdoğan in una conferenza stampa con il suo omologo russo aveva chiaramente specificato che la costruzione del gasdotto in tempi rapidi rappresenta una priorità. Da qui il 7 settembre Gazprom in linea con la normativa turca ha dichiarato approvata la fase di attuazione.
Con l’avvio dei lavori la Russia mantiene la propria posizione dominante nelle forniture all’Europa mentre la Turchia soddisferà il proprio fabbisogno energetico, il cui consumo annuale di circa 45 miliardi di metri cubi dipende per il 60% dalla distribuzione russa. L’incontro dei due leader del 10 ottobre durante il World Energy Forum di Istanbul assume, dunque, un significato peculiare non solo perché concretizza pregressi intenti congiunti, ma soprattutto perché avvia i rapporti bilaterali verso la piena normalizzazione. Dal raffreddamento delle relazioni dello scorso anno, questa è la prima visita di Putin in Turchia, sebbene negli ultimi mesi i due leader si sono incontrati già due volte – prima in Russia e poi a margine del G-20 in Cina.

La necessità di espansione delle esportazioni di idrocarburi tramite il corridoio turco si unisce a un crescente ruolo egemonico che la Russia mira a ricoprire a est, investendo i mercati di Cina, Giappone e India. D’altra parte anche la Turchia- che in Europa è il maggiore importatore di gas russo- è destinata a diventare uno snodo di transito fondamentale per la fornitura energetica all’Europa. Ankara, infatti, è già stakeholder di progetti concorrenti quali Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) e Baku-Erzurum-Ceyhan (BTE) che si fondano sulla partnership privilegiata tra Turchia-Georgia e Azerbaijan, oltre che partner fondamentale della linea Trans Anatolica (TANAP) che – progettata per trasportare a pieno regime 31bcm dal giacimento azero Shah Deniz verso il confine greco-turco, fornirà 10 bcm di gas azero all’Europa e 6 bcm alla Turchia – con la possibilità di ampliare le forniture ricevendo gas anche da Iran, Iraq e Turkmenistan. Con questi è inoltre doveroso menzionare l’accordo tra il Governo Centrale iracheno e il Governo regionale del Kurdistan del Nord (KRG) che prevede la vendita di petrolio e di revenue sharing, puntando sul corridoio turco sia per aumentare il volume di greggio sia per agevolare potenziali offerte di gas naturale verso il mercato mondiale. In breve, un’opportunità unica che il Presidente Erdoğan ha sapientemente solleticato e difeso soprattutto alla luce della sua velleità di entrare entro il 2023- centenario della Fondazione della Moderna Repubblica di Turchia- tra le dieci economie più sviluppate al mondo.

In chiave energetica l’asse Russo-Turco si rafforza ulteriormente con l’accordo sul nucleare, contribuendo a consolidare la posizione di Ankara nello scenario regionale come pivot energetico. Esito dell’accordo già sottoscritto con la società russa Rosatom per un investimento di 22 miliradi di dollar, Akkuyu- in provincia di Mersin – sara’ la prima centrale nucleare turca a cui probabilmente seguirà la costruzione di un secondo impianto con consorzio franco-giapponese a Sinop, sulla costa del Mar Nero.

La normalizzazione dei rapporti tra Ankara e Mosca riflette una tendenza naturale dati gli interessi nazionali che legano entrambi: prima della crisi il volume dell’interscambio commerciale si aggirava a 30 miliardi l’anno con un piano bilaterale per aumentarlo a 100 miliardi nel giro di pochi anni; numerose erano le imprese di costruzione turche attive in Russia mentre le coste turche del Mediterraneo sono state per lungo tempo la prima destinazione del turismo russo agevolato anche dal regime di liberalizzazione di visti. Con il congelamento dei rapporti si è verificato un drastico calo nel business di entrambi i Paesi, con una marcata sofferenza del settore alberghiero turco cha ha assistito a un ridimensionamento della presenza russa pari al 90%.

Insomma, proprio come due buoni vecchi amici Mosca e Ankara sono scesi a compromessi per ottenere guadagni a breve- medio termine. Tuttavia, permangono alcune ruggini relative alla crisi ucraina e a quella siriana, che vede i due Paesi contrapposti principalmente sul sostegno ad Assad. Ciò nonostante il picco della tensione sembra essere alle spalle: l’operazione turca “Scudo Eufrate” con il dichiarato intento di “pulizia” della minaccia terroristica – sia di stampo islamista che separatista curda – che di messa in sicurezza della lunga linea di confine non sarebbe stata possibile senza il tacito beneplacito della Russia, che si è comunque assicurata la presenza militare in Siria. Nonostante le divergenze militari, a Istanbul entrambi i leader si sono trovati d’accordo sulla necessità di porre fine allo spargimento di sangue, dichiarando il pieno e mutuo sostegno alla distribuzione di aiuti umanitari ad Aleppo.

Se è vero che la politica è l’arte del possibile, un tale ritorno al passato è stato certamente perseguibile grazie alle forti interdipendenze economiche costruite nel tempo. In una logica liberale questi sono i meccanismi più efficaci per evitare rotture e garantire stabilità. Personalismi, retoriche, visioni e ambizioni – quando compatibili nei rispettivi interessi e disegni egemonici – sono il corollario della formula vincente in cui il gas, in quanto elemento primario, contribuisce a superare le crisi

NOTE SULL'AUTORE 

Valeria Giannotta

Dopo gli studi in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a Milano, nel 2009 Valeria Giannotta si trasferisce in Turchia per completare il dottorato sul partito Akp. Docente universitaria a Istanbul, Gaziantep ed Ankara, oggi è un’affermata esperta di dinamiche turche. Per la sua obiettività di analisi nel 2017 è stata insignita dell’onorificenza Cavaliere di Italia dalla Presidenza della Repubblica italiana. 

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