L’Editoriale

È l’Islam che deve isolare il cancro. La comunità dei fedeli ora denunci gli jihadisti

di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 12 dicembre 2015

Le manifestazioni «Not in my name», indette dalle organizzazioni musulmane italiane contro gli atti terroristici di Parigi, sono state un momento importante. Resta tuttavia un nodo irrisolto: il jiadismo terrorista viene spesso dichiarato estraneo all’Islam. Non è così. Isis e Al Qaeda nascono nell’Islam e ne costituiscono un fenomeno mutante: un cancro maligno che ha attecchito e sta generando metastasi in tutto il mondo e anche in Europa. Un cancro che attacca cellule sane ma predisposte, presenti nel fondamentalismo islamico, e si è nutrito del brodo di cultura del Wahhabismo sunnita, radicato in Arabia Saudita e negli Emirati. Il Wahhabismo si fonda su un’interpretazione letterale e integrale del Corano, e considera chi pratica diversamente l’Islam come apostato e nemico. Contro questo cancro deve essere l’Islam stesso a reagire, a cominciare dalle grandi scuole coraniche, come ha fatto quella di Al Azhar al Cairo; se non lo fanno vanno chiuse, come le moschee che predicano l’odio. Serve che la comunità dei fedeli isoli le cellule maligne denunciandole alle forze di sicurezza, continuando poi a mettere in atto i trattamenti necessari perché non si rigeneri. Bisogna che la comunità internazionale crei un’ampia unità dagli Stati Uniti, alla Russia, all’Unione europea, agli Stati arabi, alla Turchia, all’Iran, esigendo il superamento di comportamenti ambigui o contradditori, delineando le vie di soluzione politica delle crisi, e adottando, nel quadro dell’Onu, le possibili misure di peace enforcing. Il contrario, quindi, della guerra di civiltà e dello scontro tra religioni cui ci chiamano i nuovi crociati dell’intolleranza, e i vari sciacalli in caccia per volgari interessi elettorali. Ripensiamo alle Brigate rosse, che si svilupparono nel movimento operaio e trovarono brodo di cultura in una deformazione robespierrista del marxismo. Quell’esperienza ci deve guidare oggi contro un pericolo molto più grande e globale, che mette a repentaglio democrazia e libertà in tutto il mondo.

Questa analisi è stata pubblicata sul numero di PANORAMA in edicola l’11 dicembre 2015

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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