L’Editoriale
Israele, accordo Netanyahu-Livni: la mossa del cavallo
di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente
Data pubblicazione: 22 febbraio 2013
Con questo articolo il nostro Direttore, Janiki Cingoli, comincia la sua collaborazione con l’Huffington Post.
Nel gioco degli scacchi, il cavallo è considerato come un elemento spiazzante, che rompe gli schemi di un confronto lineare e con le sue mosse riesce a cambiare i termini della partita, ed i suoi risultati.
L’accordo raggiunto nei giorni scorsi tra Netanyahu e Tzipi Livni, già leader di Kadima ed ora alla guida della nuova formazione Hatnuah, che ha ottenuto 6 seggi nelle recenti elezioni israeliane (su un totale di 120), risponde a questa logica.
Per la Livni, che ha conseguito un risultato elettorale nettamente inferiore alle attese, entrare al governo in posizione di forza è l’unica via per tenersi aperta una prospettiva politica. Aver ottenuto per sé il Ministero della Giustizia, insieme alla guida del Comitato per le trattative di pace con i palestinesi ed in più il portafoglio dell’Ambiente, più la presidenza di una Commissione alla Knesset, non è poco, data la sua ridotta consistenza parlamentare.
E’ riuscita così a spezzare la tenaglia tra Shelly Yacimovich, leader del Labour (15 seggi), e Yair Lapid, leader dell’ultra laico Yesh Atid (secondo Partito con 19 seggi), che, forti dei loro numeri, rischiavano di toglierle ogni spazio, l’una dall’opposizione, l’altro nell’area di governo, cui Lapid è il primo candidato naturale. A questo si è certamente aggiunta la sensazione, che nella Livni deve essere stata forte, durante e dopo la campagna elettorale, di essere snobbata e messa in secondo piano dai due.
Quello della Giustizia è certamente un ministero chiave, per tutelare il pluralismo politico e religioso del paese e la stessa minoranza araba, i cui diritti sono stati sempre più fortemente minacciati nella passata legislatura. Ma certamente è il rilancio del processo diplomatico con i palestinesi quello su cui punta la Livni, che è stata tra i pochi a fare perno su questo tema, in campagna elettorale, ed ha una forte esperienza in proposito, come ex Ministro degli Esteri nel Governo Olmert.
Non è detto che ci riesca. Gli eventuali risultati delle trattative saranno sottoposti al vaglio di un Comitato ministeriale presieduto da Netanyahu, e poi al voto della Knesset e poi quasi sicuramente ad un referendum. E la destra dentro e fuori il Likud farà di tutto per bloccare sul nascere ogni possibile germe di pace.
Ma il risultato elettorale è stato un segnale importante, con il netto arretramento del centro-destra. La gente pensa alla vita di ogni giorno, il caro prezzi, il peso del servizio militare cui si sottraggono i religiosi ortodossi: secondo recenti sondaggi, l’enorme costo sostenuto per lo sviluppo e la sicurezza degli insediamenti viene visto con fastidio dalla maggioranza della popolazione, che non lo considera più una scelta giusta e prioritaria.
Molto dipenderà naturalmente anche dalle opzioni della leadership palestinese, opzioni difficili di fronte ad eventuali proposte di accordi intermedi, di ulteriori fasi di transizione che vengono adombrate. Ma certo per Netanyahu la Livni è un ottimo biglietto da visita da presentare ad Obama, in occasione della sua prossima storica visita in Israele, la prima come Presidente USA. Un certificato di garanzia sulla effettiva volontà di pace del leader israeliano, in grado di attenuare la sfiducia, ed anche la pressione crescente e sempre più ardue da reggere, che viene da parte degli USA e della stessa Europa.
Per il leader israeliano, inoltre, l’accordo raggiunto ha rappresentato una prima breccia nell’asse che si era venuto consolidando tra Yair Lapid, con la sua formazione di centro-sinistra, e Naftali Bennett, leader di Bayit Yehudi, il partito di estrema destra erede del vecchio Partito Nazionale Religioso, ora con un’impronta più moderna e più secolare, che avevano concordato di condurre in tandem il negoziato, entrambi dentro o entrambi fuori dal governo.
Ora i due sono rimasti spiazzati, e si moltiplicano le loro dichiarazioni di voler entrare al governo, anche se resta irrisolto il nodo dell’estensione del servizio militare obbligatorio ai giovani religiosi ortodossi, un punto irrinunciabile per Lapid, contro cui i partiti religiosi stanno facendo barriera. Un rompicapo non facile da sciogliere per Netanyahu, mentre stanno scadendo i termini del mandato esplorativo affidatogli dal Presidente Peres e si avvicina l’arrivo di Obama. Ma intanto con Tzipi Livni una prima pedina del domino negoziale è stata abbattuta.
NOTE SULL'AUTORE
Janiki Cingoli
Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.
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