L’Editoriale 

A Ginevra ritorno al passato

di Janiki Cingoli, Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 21 aprile 2009

Se sia stata giusta o no la decisione presa dall’Italia, insieme agli Stati Uniti, a Israele, alla Germania, al Canada, all’Australia e ad altri importanti stati del mondo, di boicottare la seconda Conferenza internazionale contro il razzismo, apertasi ieri a Ginevra sotto l’Egida dell’Onu, è in fondo una discussione secondaria.

Anche coloro che, come la Francia e l’Inghilterra, hanno deciso di partecipare, si sono trovati in forte imbarazzo e hanno abbandonato la sala di fronte all’intervento del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.

L’ex sindaco di Teheran ha affermato che gli immigranti ebrei hanno occupato la terra palestinese «con il pretesto della sofferenza ebraica», che «la parola sionismo impersonifica il razzismo ricorrendo scorrettamente alla religione e abusando dei sentimenti religiosi per nascondere le loro facce brutte e odiose».

L’equiparazione sionismo-razzismo tocca d’altronde un nervo scoperto dell’Onu, la cui Assemblea generale nel 1975 approvò una risoluzione che conteneva lo stesso paragone. Una mossa che ebbe come conseguenza l’espunzione dell’Onu da ogni ruolo di mediazione credibile tra le parti in conflitto, tanto è vero che le Nazioni Unite furono tenute ai margini della Conferenza internazionale di Madrid del ’91, e subito dopo l’Assemblea annullò a larga maggioranza la precedente risoluzione, come ha voluto ricordare ieri al presidente iraniano il segretario generale Ban ki-Moon.

In realtà, la bozza di risoluzione finale della Conferenza di Ginevra, duramente contestata dai paesi che alla fine hanno optato per il boicottaggio, era stata largamente rimaneggiata, con l’eliminazione degli attacchi contro Israele e il sionismo, ma era rimasta l’iniziale riaffermazione della Dichiarazione della prima Conferenza di Durban del 2001, che di tali elementi era infarcita.

La realtà è che negare la legittimità del sionismo equivale a negare la legittimità storica di Israele, oppure a considerarlo al massimo un male oramai esistente da accettare in via di fatto e con cui fare i conti, ma privo di fondamento giuridico.

Chi scrive non vuole certo santificare il sionismo. Esso è stato un movimento nazionale, nato e sviluppatosi nell’alveo di altri risorgimenti nazionali, come quello italiano e quello greco, e che come tutti i movimenti nazionali ha i suoi miti fondanti, le sue conquiste, le sue divisioni interne e anche i suoi errori e i suoi orrori. Su questo, gli storici revisionisti israeliani hanno fornito contributi illuminanti, a cominciare dalle opere di Benny Morris, che pure non è certo tenero verso i palestinesi.

Così come un movimento nazionale per molti versi ad esso speculare è il movimento nazionale palestinese, che in larga misura si è sviluppato come reazione a quello ebraico.
Ugualmente pare aberrante e strumentale la reiterata comparazione tra occupazione israeliana e persecuzione nazista. La lotta tra israeliani e palestinesi è lotta nazionale, non razziale. Se i palestinesi stessero buoni e accettassero l’occupazione Israele non li combatterebbe, mentre gli ebrei venivano perseguitati in quanto ebrei, anche se aderivano al nazismo. Nei campi dove sono detenuti i palestinesi non ci sono pile di occhiali, denti, capelli accumulati da carnefici, e quanto ai campi dei rifugiati non si può dimenticare che essi sono sotto il controllo degli arabi e dei palestinesi, che li mantengono così come sono per riaffermare il “diritto al ritorno” di tutti i palestinesi.

Resta però da capire qual è il senso complessivo di questo scontro che avviene proprio in coincidenza con la nuova politica di Obama verso Teheran.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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