L’Editoriale 

In Palestina partita ancora aperta. Nonstante Beirut

di Janiki Cingoli, Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione:  30 agosto 2006

Il rilancio del negoziato con i palestinesi è considerato da molti urgente, ma è possibile? Le difficoltà sono forti. Israele è frastornato dall’esito del conflitto in Libano, e dilaniato dalle polemiche che ne sono conseguite, che hanno investito i massimi vertici governativi e militari. Non pare in grado, a breve, di prendere iniziative di grande respiro. Ed anche la leadership palestinese appare indebolita, divisa e priva di credibilità. Tuttavia, vi sono anche degli elementi di forte novità.
Innanzi tutto, il crollo dell’approccio unilateralista. Scottato dall’esperienza in Libano, il Governo ha accantonato l’ipotesi di un ulteriore ritiro unilaterale in Cisgiordania, dopo quello effettuato a Gaza l’estate scorsa, affermando di volersi concentrare sulla ricostruzione del Nord del paese, flagellato dai missili di Hezbollah. Questo tuttavia non può tuttavia significare il ripiegamento su uno statu quo permanente, che eternizzerebbe l’occupazione, perché le preoccupazioni di sicurezza e demografiche che erano alla base del piano di ritiro ideato da Sharon restano in tutta la loro gravità. D’altronde, Israele ha interesse a attenuare l’isolamento prodotto in tutto il mondo arabo dal conflitto libanese, anche di fronte alla reiterata minaccia iraniana, e deve tenere in diversa considerazione le stesse pressioni della Comunità internazionale, oggi impegnata per la sicurezza dei suoi confini.
D’altronde, anche in Palestina la situazione oggi è molto diversa. Il Governo Hamas, alla prova dei fatti, ha perso credibilità, sia sul terreno dell’efficienza che su quello della lotta alla corruzione.
Si è profilato inoltre uno scontro all’interno della stessa organizzazione islamica, tra l’ala governativa, più realistica, e quella più oltranzista basata a Damasco, che ha organizzato il rapimento del soldato israeliano, all’insaputa dello stesso Premier Haniyeh.
Alla base del confronto, l’accordo raggiunto tra Abu Mazen e lo stesso Haniyeh sul cosiddetto documento dei prigionieri: un documento che indica nelle frontiere del ’67 i confini dello Stato Palestinese, con un indiretto riconoscimento di Israele. Il documento postula inoltre una riforma e un rinnovamento profondo dell’OLP, presieduta da Abu Mazen, con l’inclusione delle organizzazioni islamiche, e la formazione di un Governo di unità nazionale. Ad Abu Mazen la delega a trattare con Israele, salvo sottoporre i risultati alla approvazione del Consiglio Legislativo Palestinese, o se questa venisse meno di un referendum popolare, che sicuramente lo approverebbe. Le trattative per il nuovo governo sono state ufficialmente aperte, e se ne attende l’esito.
Lo schema è il seguente: Un governo di unità nazionale, basato su quel documento, i cui ministri di maggiore rilevanza internazionale non siano nelle mani di Hamas, potrebbe probabilmente superare l’attuale embargo internazionale, far riaprire la valvola degli aiuti internazionali, ed essere considerato meno impresentabile anche da Israele.
Dal canto suo Abu Mazen potrebbe andare al tavolo negoziale più forte, sulla base di un mandato largo e non a titolo quasi personale, come rinfacciatogli da Israele negli ultimi mesi.
Resta sullo sfondo la questione del rilancio del negoziato con la Siria: in questo periodo non sono mancati segnali di fumo da entrambe le parti, e Damasco può svolgere un ruolo essenziale per stabilizzare o destabilizzare la situazione libanese, ma è difficile per Israele portare avanti insieme le due trattative, e forse quella palestinese riveste oggi caratteri di maggiore urgenza.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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