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L’Analisi

Iran. Un accordo che cambia il quadro geostrategico del Medio Oriente

di Riccardo Redaelli

Data pubblicazione: 8 aprile 2015

Sembra quasi incredibile immaginare che si vada infine risolvendo la lunga crisi sul nucleare iraniano, dopo dodici anni di negoziati falliti, accordi rimangiati o boicottati, minacce di bombardamento, periodi di ostile contrapposizione. Quanto siglato a Losanna, pur non essendo ancora un accordo definitivo, rappresenta in ogni caso una svolta storica, che va ben oltre il semplice programma nucleare.

Si è dimostrato che immaginare dei rapporti “normali” fra Stati Uniti e Repubblica islamica dell’Iran è possibile: l’eccezione iraniana, che aveva fatto a lungo di quel paese una sorta di pariah geopolitico da isolare o con cui fare affari vergognandosi un poco, può in futuro svanire. E dimostra che Teheran è oggi un attore regionale con pari dignità degli altri, con cui è possibile discutere e agire d’intesa per risolvere crisi locali (come stanno facendo informalmente statunitensi e iraniani in Iraq nella loro azione contro il califfato jihadista dello Stato Islamico – IS).
Un attore, fra l’altro, capace di saper fare concessioni. Se i termini del framework negoziale di Losanna verranno confermati nei negoziati tecnici dei prossimi mesi, e se Teheran non si rimangerà quanto promesso (come già successo in passato), allora avremo chiuso un ottimo accordo per la comunità internazionale, che fuga molti dei timori sui reali obiettivi del programma nucleare iraniano. Checché ne dica Bibi Netanyahu, ormai macchiettistico nelle sue ossessioni anti-iraniane. E che sia un buon accordo lo testimonia anche lo scontento dei gruppi conservatori nel paese; un dissenso palesato quasi sottovoce per non incorrere nelle ire del Leader supremo, ayatollah Khamenei, il quale ha sempre sostenuto il presidente Rohani e il suo ministro degli esteri Zarif, anche se – da quanto trapela – vi sarebbero sue forti perplessità circa le modalità di sospensione delle sanzioni. Come ha scritto la voce più influente degli ultra-conservatori – sempre implacabile con i moderati e i riformisti – il giornalista Hossein Shariatmadari: “il governo ha ceduto uno stallone di razza con tutti i finimenti per ottenere un ronzino con una spina negli zoccoli”.

Tuttavia, Losanna non segna la parola fine su di uno scontro diplomatico ultradecennale, che ha rischiato più volte di degenerare in conflitto vero e proprio. Rimane purtroppo ancora forte la contrarietà di troppi e attivi attori che lavorano da sempre per impedire questo accordo o la sua attuazione. E che hanno già detto di non volerlo in ogni caso riconoscere. Vi è innanzitutto il Congresso statunitense, dominato dal partito repubblicano, che non fa mistero di voler boicottare l’accordo anche dopo la sua firma, cercando di imporre nuove sanzioni e contestando il potere del presidente Obama di poter revocare le vecchie. Un attacco feroce che si spiega in parte con l’ostilità verso Teheran, e in parte con valutazioni di politica interna: vi è qui soprattutto il desiderio di umiliare un presidente odiato, sabotando l’unico successo diplomatico colto da Obama in Medio Oriente, ossia la fine del muro di silenzio e di rifiuto fra Iran e Stati Uniti.

Ma le ostilità maggiori arrivano dall’interno della regione mediorientale, con Israele e monarchie arabe del Golfo che si sentono tradite da Washington e minacciano di muoversi “unilateralmente”. Preoccupa in particolare la retorica populista e allarmista del primo ministro Netanyahu, il quale ha recentemente rivinto le elezioni politiche speculando proprio sulle paure degli israeliani. Paure comprensibili (anche se gli stessi analisti militari israeliani tendono a ridurle), ma che dovrebbero essere attenuate proprio da questo accordo, piuttosto che dal suo fallimento. Ma l’opposizione della destra israeliana non sembra vertere tanto sul nucleare quanto sul rifiuto di accettare la repubblica islamica iraniana quale attore regionale pienamente legittimato. Da questo punto di vista, le visioni di Israele sembrano quasi coincidenti con quelle dell’Arabia Saudita, altra potenza regionale ossessionata dall’Iran, al punto da aver sostenuto e finanziato in questi anni tutta una serie di movimenti sunniti estremisti, che hanno esasperato la contrapposizione dentro l’islam e polarizzato il settarismo religioso, nel tentativo di indebolire “l’arco sciita” nel Levante.

I disastrosi risultati di questa ossessione sono oggi sanguinosamente evidenti. Paradossalmente, hanno finito per spingere l’Occidente più vicino a Teheran, non più lontano, dato che gli iraniani sono un argine oggettivo contro la violenza estrema del jihadismo sunnita, declinato vuoi nella versione “califfale” di IS, vuoi in quella qa’edista di Jabhat al-Nusra o in quella ambigua del salafismo-jihadista. E’ nell’interesse di tutti, anche di chi nella regione non riesce a comprenderlo, che questa normalizzazione dell’Iran continui e si rafforzi.

Questa analisi è stata scritta per la CIPMO Newsletter del 8 aprile 2015.

NOTE SULL'AUTORE 

Riccardo Redaelli

Professore ordinario di 'Geopolitica' e di 'Storia e istituzioni dell'Asia' presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell'Università Cattolica del S. Cuore di Milano, nonché direttore del Centro di Ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato (CRiSSMA) dell'Ateneo. Direttore del Master in Middle Eastern Studies (MIMES) dell'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) dell'Ateneo; Membro dell'Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della libertà religiosa del Ministero de gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale (MAECI); Direttore scientifico del Centro studi internazionale di Geopolitica (Cestingeo) di Valenza; Editorialista del quotidiano Avvenire; Membro del comitato di direzione e scientifico della Rivista Storia Urbana; Membro del consiglio scientifico della Fondazione Oasis di Venezia; Membro del consiglio direttivo del Centro di ricerca di Lingua Araba (CARA), dell'Università Cattolica del S. Cuore; Membro del consiglio scientifico del Centro di ricerca sulla Cultura e Narrazione del Viaggio (CENVI), dell'Università Cattolica del S. Cuore; Membro del consiglio scientifico di Asia Maior; Membro del consiglio scientifico del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), di Milano; Membro del consiglio scientifico della Fondazione A. Volta di Como; Senior Analyst della società di consulenza Wikistrat.

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