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L’Analisi

Al tramonto le ambizioni turche

di Riccardo Redaelli

Data pubblicazione: 18 marzo 2014

Impossibile non notare lo stridente contrasto di un Paese come la Turchia che in questi anni ha scalato le classifiche economiche internazionali, vissuto una crescita sostenuta e costante, beneficiato di un aumento del benessere che ne ha rafforzato la classe media ma che, allo stesso tempo, è lacerata da un contrasto politico interno sempre più polarizzante e violento.

La morte, dopo un lungo coma, di un manifestante di Gezi Park ha rilanciato le proteste di chi contesta lo stile autoritario e sprezzante del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, i controlli sul web, le pressioni contro stampa e magistratura, la corruzione in cui il suo gruppo di potere è invischiato. Perfino sul fronte della politica estera, gli ultimi mesi sono stati estremamene avari di soddisfazioni per Erdogan; tanto più se si confrontano i risultati ottenuti con le sue ambizioni di imporre la Turchia quale potenza di riferimento nel Medio Oriente. E proprio degli scenari della politica estera turca si è parlato in una interessante tavola rotonda con vari analisti internazionali, dal titolo «Fenomeno Turchia! La politica estera nel Medio Oriente che cambia», organizzata nei giorni scorsi a Milano dal Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente e da Unicredit.

Il quadro emerso è quello di un Paese che ha sopravvalutato la propria capacità di muoversi autonomamente sullo scenario regionale e di rappresentare un esempio politico per gli Stati arabi dopo le Primavere; nello stesso tempo ha sottovalutato la complessità mediorientale e l’intrico di vincoli e contraddizioni che hanno sempre contraddistinto le relazioni regionali. Lo slogan coniato per definire la nuova politica estera turca è quello di “Zero problemi con i vicini”.

Ma l’attivismo di Erdogan e il suo schierarsi con i movimenti dell’islam politico sunnita ha finito con il ribaltare questo schema, in un paradossale “Zero vicini senza problemi”: incerte sono infatti le relazioni con l’Iran e l’Iraq, con cui Ankara fa molti affari economici ed energetici, ma dai quali è divisa dallo scontro in Siria, che contrappone i Paesi sunniti al cosiddetto “fronte sciita”. Ma addirittura pessime sono le relazioni con i principali Paesi arabi sunniti: Egitto e Arabia Saudita hanno ritirato i loro ambasciatori per protestare contro il sostegno ai Fratelli Musulmani e per l’ostilità che Ankara riserva al nuovo governo
del Cairo. La ferita peggiore rimane comunque quella siriana: Erdogan si era esposto in prima persona per favorire la cacciata di Assad, vagheggiando la creazione di un nuovo governo islamista moderato a Damasco, a cui offrire la propria benevola protezione. Ma Assad è ancora al potere, mentre l’opposizione moderata siriana è stata travolta dall’ascesa dei movimenti jihadisti e qaedisti e la stessa frontiera turca è diventata luogo di scontro fra le fazioni siriane.

Giustamente Ankara ribadisce la propria centralità regionale e il ruolo di hub per il passaggio delle grandi reti energetiche e commerciali euroasiatiche. Ma Erdogan, che ora deve affrontare il test interno delle elezioni amministrative, ambiva a molto di più.

Questa analisi è stata pubblicata su Avvenire del 18 marzo 2014.

Riccardo Redaelli è Professore di Geopolitica e di Storia e istituzioni dell’Asia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore di CRiSSMA – Centro di Ricerca sul Sistema Sud e Mediterraneo Allargato dell’Ateneo.

NOTE SULL'AUTORE 

Riccardo Redaelli

Professore ordinario di 'Geopolitica' e di 'Storia e istituzioni dell'Asia' presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell'Università Cattolica del S. Cuore di Milano, nonché direttore del Centro di Ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato (CRiSSMA) dell'Ateneo. Direttore del Master in Middle Eastern Studies (MIMES) dell'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) dell'Ateneo; Membro dell'Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto della libertà religiosa del Ministero de gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale (MAECI); Direttore scientifico del Centro studi internazionale di Geopolitica (Cestingeo) di Valenza; Editorialista del quotidiano Avvenire; Membro del comitato di direzione e scientifico della Rivista Storia Urbana; Membro del consiglio scientifico della Fondazione Oasis di Venezia; Membro del consiglio direttivo del Centro di ricerca di Lingua Araba (CARA), dell'Università Cattolica del S. Cuore; Membro del consiglio scientifico del Centro di ricerca sulla Cultura e Narrazione del Viaggio (CENVI), dell'Università Cattolica del S. Cuore; Membro del consiglio scientifico di Asia Maior; Membro del consiglio scientifico del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), di Milano; Membro del consiglio scientifico della Fondazione A. Volta di Como; Senior Analyst della società di consulenza Wikistrat.

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