Data pubblicazione:5 luglio 2007
Le ultime evoluzioni della questione palestinese hanno dell’assurdo. Il presidente del maggiore paese arabo, l’Egitto, ammette che le truppe di élite schierate lungo il confine fra Gaza e l’Egitto (paracadutisti vestiti da poliziotti per rispetto degli accordi di pace con Israele) non sono in grado di arrestare un traffico di armi illegali ufficialmente destinate a essere usate, secondo Hamas, contro Israele, ma che portavoce più o meno ufficiali del governo palestinese a Gaza amano ricordare che serviranno anche alla liberazione dell’Egitto dal suo attuale regime di “miscredenti”.
Dalla parte palestinese della stessa frontiera abbiamo il passaggio di 150 armati, teoricamente appartenenti a Hamas, al campo della teorica Autorità palestinese, la quale denuncia Hamas (che d’altronde reciprocamente denuncia l’Autorità palestinese) di aver fatto un colpo di stato. Il “governo” di Hamas a Gaza è deciso a imporre l’ordine sulle bande dei “signori della guerra” locali che vivono di taglie, contrabbando e rapimenti. Ma non riesce a porre fine ai lanci di missili contro Israele, fatto che oltre a dimostrare la debolezza di questo governo dà al “nemico sionista” la giustificazione di proseguire nelle sue azioni di risposta e nelle “uccisioni mirate” contro gli attivisti di Hamas a Gaza.
Muovendo lo sguardo verso est (Israele, Cisgiordania e Giordania) l’assurdo cresce e si complica. L’intera attenzione israeliana si concentra sulla fase terminale della presidenza “erotica” del capo dello Stato uscente Katzav. Mentre nessuno sembra occuparsi seriamente della riparazione dei gravi errori del Governo, dell’esercito e delle strutture assistenziali denunciate dalla Commissione d’Inchiesta sulla seconda guerra del Libano. In Cisgiordania continua la guerra civile fra Hamas e Fatah, mentre in Giordania si smentisce ufficialmente quello che molti pensano stia per succedere, e cioè il ritorno di una presenza Giordana nei suoi vecchi possedimenti “nazionali” di prima del 1967.
E la si potrebbe continuare, questa lista di assurdità che non hanno altro effetto se non quello di alimentare i media – specie nella stagione delle vacanze – di notizie che vengono smentite in breve tempo dalla situazione sul terreno. Senza mai far cessare le speranze di chi crede che nuovi accordi siano possibili per rimpiazzare quelli precedentemente falliti. Senza mai sedare i timori di chi crede invece che stia per scoppiare una nuova guerra arabo-israeliana, anche se pare proprio che nessun terrorista sia abbastanza “esplosivo” da farla deflagrare e nessun governo della regione in grado di eventualmente sostenerla.
Il paradosso della situazione si può ben rappresentare con l’immagine di uno scoiattolo chiuso in una gabbia girevole e che fa continuamente girare davanti ad un pubblico che attende di vederlo trovare una porta d’uscita che, di fatto, purtroppo non c’è.
Non c’è perché la guerra fra lo stato d’Israele e i palestinesi, che a partire dalla Prima Intifada era diventata puramente “distruttiva” sostituendosi alle passate guerre “costruttive” fra lo stato d’Israele e gli stati arabi (lo dimostra il rovesciamento dei tre “no” di Khartum del settembre 1967 nei tre “sì” della Lega Araba a Ryad – “sì” a un riconoscimento condizionato di Israele, “sì” ai negoziati con esso, “sì” all’eventuale pace). Questo interminabile scontro fra Israele e i Palestinesi è ridiventato “costruttivo” tanto per Gerusalemme che per Gaza e per Ramallah, capitali quest’ultime di due potenziali stati palestinesi. Con la loro guerra civile, i loro rancori spesso di origine famigliare e di clan, alimentano gli interessi contrastanti dei vari stati della regione – Israele incluso – danneggiando quelli di una Palestina che sovranità, prosperità ed eventuale pace le può trovare solo nella difficile, ma non geneticamente e storicamente impossibile, cooperazione con Israele.
NOTE SULL'AUTORE
Vittorio Dan Segre
Diplomatico, scrittore e giornalista.
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