L’Editoriale

Il rilancio di Morsi

di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 14 agosto 2012

Morsi, il presidente egiziano appena eletto, appartenente ai fratelli musulmani, ha colpito duro e repentinamente, mettendo fuori gioco la vecchia guardia della giunta militare, guidata dal ventennale ministro della difesa, generale Tantawi. Insieme a lui, sono stati dimissionati i vertici dell’esercito, della marina e dell’aviazione, mentre solo una settimana fa era stato silurato il capo dei servizi di sicurezza, dopo l’attacco terroristico di gruppi qaedisti, sviluppato con la complicità di elementi palestinesi dalla Striscia di Gaza, che era costato la vita a 16 soldati egiziani. Morsi ha chiaramente approfittato dell’indebolimento dei vertici militari, causato da quell’incidente, per regolare i conti con la giunta militare che, negli stessi giorni della sua elezione, aveva cercato di fare di lui un presidente dimezzato, sciogliendo il parlamento e promulgando un decreto costituzionale avocando alla giunta stessa tutti i poteri in campo legislativo, finanziario di difesa e sicurezza e riservando ad essa un potere di indirizzo sulla redazione della nuova costituzione.

Quel decreto ora il presidente egiziano lo ha abrogato, riprendendosi tutti i poteri che gli erano stati sottratti. Contrariamente al premier turco Erdogan, che ha scelto una via graduale per contenere il potere di controllo dei militari, Morsi ha deciso di pretendere tutto e subito. Infine, quasi a procurarsi uno scudo contro i possibili ricorsi alla corte costituzionale contro le decisioni prese, ha nominato suo vicepresidente Mahmoud Mekki, il giudice che nel 2005 aveva denunciato i brogli elettorali di Moubarak.

La domanda essenziale è: si tratta di un colpo di mano temerario destinato a incontrare la reazione dei militari? Per quanto è dato comprendere, nei giorni scorsi deve essersi svolta una trattativa a tutto campo con settori delle forze armate e della giunta, che mal sopportavano lo strapotere di Tantawi e del suo entourage, e ciò potrebbe essere suffragato dalla prontezza con cui sono state effettuate le sostituzioni. Inoltre, è assai probabile che i fratelli musulmani possano contare su una estesa rete di simpatizzanti nelle stesse forze armate, che non sono certamente un corpo impermeabile alle tendenze in atto nella società egiziana.

Un altro aspetto sono i contatti da tempo in corso con l’establishment Usa, a livello politico e militare, rafforzatisi dopo l’attentato terroristico nel Sinai. Gli Stati Uniti hanno salutato l’elezione di Morsi, malgrado appartenga ai fratelli musulmani, e hanno reagito criticamente ai continui tentativi di Tantawi di estendere ulteriormente il suo potere. Un altro elemento da non sottovalutare è che il contrattacco egiziano nella penisola, che ha portato alla uccisione di decine di miliziani legati ai terroristi, è avvenuto in deroga al trattato di Camp David, senza sollevare la reazione di Israele. Ciò si collega a un altro episodio misterioso, la lettera del 2 agosto di Morsi al presidente israeliano Peres, in cui si auspicavano rapporti di pace con il «popolo israeliano» (non si usava “stato di Israele”). Una lettera poi smentita, anche se era stata trasmessa attraverso i canali dell’ambasciata egiziana.

Resta ora da vedere, se non ci saranno contraccolpi imprevisti, come Morsi e la fratellanza musulmana utilizzeranno l’enorme potere che è nelle loro mani. Nei giorni scorsi vi sono state iniziative volte a colpire la libertà di espressione, con la chiusura temporanea di un canale televisivo che aveva osato criticare Morsi. Sono sintomi preoccupanti, non è ancora chiaro se la via che Morsi e i suoi vogliono intraprendere sia quella di Erdogan, con tutti i suoi limiti, o quella di un integralismo opaco e senza respiro.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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