L’Editoriale

Italia ed Europa riempiono il vuoto americano

di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 2 febbraio 2010

La visita di Berlusconi in Israele sta ottenendo uno straordinario successo: si percepisce che la sua dichiarazione di amicizia, anticipata dall’intervista di sabato ad Ha’aretz, è stata percepita come non rituale, ma come sincera e radicata. D’altronde, si tratta del primo incontro congiunto tra i due governi: il premier italiano è accompagnato da sette ministri, che sottoscriveranno importanti accordi di cooperazione. L’alleanza con l’Italia viene percepita, nel paese, come una alleanza strategica, tanto più importante nel momento in cui altre alleanze, che apparivano consolidate, paiono entrare in crisi, come quella turca, o comunque essere sottoposte ad una verifica critica, come quella con gli Stati Uniti.

Non si può affermare tuttavia che l’intervista del premier italiano sia stato neutra e di circostanza: proprio partendo dalla riaffermazione senza se e senza ma della amicizia con lo Stato ebraico, egli ha potuto sottolineare con nettezza la posizione dell’Italia rispetto alla questione degli insediamenti: “la politica israeliana degli insediamenti potrebbe essere un ostacolo alla pace. Vorrei dire al popolo e al governo di Israele, come un amico, colla mia mano sul mio cuore, che persistere in questa politica è un errore.”

Ancora, senza mezzi toni sono state le sue parole di condanna per ogni forma di terrorismo. Ha ricordato tra l’altro di essersi battuto in Europa per l’inclusione di Hamas nell’elenco delle organizzazioni terroristiche, e ha rivendicato la recente decisione di inviare altri 1000 uomini in Afghanistan. Ma questo non gli ha impedito di esprimersi a favore dei tentativi di giungere ad una riconciliazione interpalestinese, la sola che “può assicurare la necessaria fiducia nella ripresa di un genuino processo negoziale con Israele”.

Quanto all’Iran, egli ha respinto risolutamente la possibilità che l’Iran possa dotarsi di un armamento nucleare, respingendo quello che egli ha definito “lo spirito di Monaco”.

Interessante, inoltre, la sua sottolineatura della priorità da dare al negoziato con la Siria, che nell’intervista viene collocata prima della stessa questione palestinese: una sottolineatura che pare collegarlo alle posizioni espresse, dentro il Governo israeliano, dal Ministro della Difesa Barak: “Per la Siria e per Israele è venuto il tempo – dichiara – di agire insieme per l’interesse di una pace, in cui siano restituite le alture del Golan e nello stesso tempo siano stabilite amichevoli relazioni diplomatiche tra i due paesi, e Damasco per parte sua deve porre fine al sostegno di organizzazioni che non riconoscono Israele.”

La dimensione regionale del conflitto è stata del resto sottolineata anche in apertura, dove il leader italiano ha rivendicato di aver costantemente coltivato i suoi legami con i leader moderati del mondo arabo, facendo dell’Italia una tappa essenziale delle loro missioni in Europa.

Si può affermare, quindi, che l’Italia non rinuncia a fare una politica a tutto campo, in Medio Oriente: nei prossimi giorni Berlusconi vedrà anche il Presidente palestinese Mahmud Abbas, che proprio oggi è stato ricevuto a Berlino dal Cancelliera Tedesco Angela Merkel, e certamente con lui discuterà anche di quel piano Marshall per i palestinesi, di cui il leader italiano parla da tanti anni, e che ha molti punti di contatto con la “pace economica” proposta da Netanyahu, ma anche con le proposte di costruzione dal basso di uno Stato palestinese, contenute nel piano presentato dal Premier palestinese Fayad.

Si può affermare, concludendo, che questo approccio, come quello parallelo della Merkel, è in qualche modo speculare a quello adottato dal presidente Obama nel suo discorso al Cairo dello scorso giugno: in esso si partiva dalla rinnovata vicinanza al mondo arabo e alla questione palestinese, per rivolgersi ad Israele, cui pur si riconfermava amicizia e sostegno, ma a cui si intimava di sottostare alle richieste, prima fra tutte quella del congelamento totale degli insediamenti. Un approccio che Israele ha percepito come non bilanciato, e che ha condotto la diplomazia USA all’impasse, e lo stesso Obama all’attuale disincanto rispetto al Medio Oriente: è sintomatico che non una sola parola sul conflitto mediorientale sia stata spesa nel suo recente discordo sullo Stato dell’Unione.

L’Europa, e dentro di essa in particolare Italia e Germania, paiono muoversi per superare il vuoto diplomatico che si è venuto a trovare, partendo dalla ribadita amicizia con Israele, e rivolgendosi ai palestinesi e agli arabi moderati per costruire insieme la pace.

In questo quadro può essere valutata la stessa visita, cui si sta lavorando, del Premier palestinese Fayad a Milano, e lo stesso seminario sul Piano Arabo di Pace, promosso dal CIPMO sempre a Milano, con il sostegno del Ministero degli Esteri e della Presidenza del Consiglio Comunale di Milano, che ha visto riunite personalità di primo piano, giordane, israeliane, palestinesi e di altri importanti Stati arabi.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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