L’Editoriale

Appuntamento al buio

di Janiki Cingoli Presidente del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

Data pubblicazione: 22 settembre 2009

Il vertice con il leader israeliano Netanyahu e il Presidente palestinese Mahmud Abbas, convocato oggi da Obama al Waldorf Astoria Hotel di Manhattan, in occasione della Assemblea generale dell’ONU, può essere definito ad alto tasso di incertezza. Esso viene dopo che George Mitchell, Inviato Speciale USA in Medio Oriente, ha speso una intera settimana in una drammatica e inconcludente spoletta tra i leader israeliano e palestinese, con puntate in Giordania ed Egitto per ricercare l’aiuto di Re Abdullah e del Presidente Mubarak. Le differenze sono risultate alla fine troppo forti.

Gli israeliani non vogliono accettare il congelamento degli insediamenti in Cisgiordania, come era stato richiesto dal Presidente USA nel suo discorso de Il Cairo, e offrono al massimo (dopo una iniziale proposta di sei), una sospensione di nove mesi, che non riguarda però Gerusalemme Est (si sostiene da parte loro che accettare l’inclusione della parte orientale di Gerusalemme significherebbe predeterminare l’esito del negoziato finale sulla città, argomentazione in parte accolto dagli americani). Essi poi vogliono portare a termine il completamento di 2500 unità abitative già avviate, a cui nelle ultime settimane si sono aggiunti nuovi permessi per altre 500 unità, rilasciati prima che la sospensione entrasse in vigore. Inoltre essi non accettano la definizione di un termine rigido di due anni entro cui concludere la trattativa, né che il suo esito sia predeterminato, con l’obbiettivo di creare uno Stato palestinese sulla base dei confini del ’67. Essi chiedono anche che si faccia espressamente menzione di Israele in quanto Stato ebraico. Infine, essi puntano a discutere prioritariamente la questione dei confini, in modo da chiarire il destino degli insediamenti maggiori, rinviando le questioni più scottanti, dei rifugiati e di Gerusalemme.

I palestinesi dal canto loro rivendicano il congelamento totale degli insediamenti, compresa la cosiddetta “crescita naturale”, come previsto dalla Road Map; vogliono che tutte le questioni connesse al negoziato finale siano trattate contestualmente, come concordato alla Conferenza di Annapolis; che si stabilisca il limite di due anni, al termine del quale si abbia la creazione dello Stato palestinese, con espresso riferimento ai confini del ’67. Del riconoscimento di Israele in quanto Stato ebraico, neanche a parlarne.

Il vertice viene quindi convocato non sulla base di un accordo, ma malgrado il persistente disaccordo delle parti.

Obama incontrerà prima i due separatamente, per cercare di smussare gli angoli più aspri, per poi arrivare all’incontro a tre.

Egli aveva l’intenzione di annunciare la ripresa dei negoziati, dopo un intervento in cui doveva delineare i capisaldi della sua proposta per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente. Ma vi è il forte rischio che a questo non si riesca a arrivare, e che ci si limiti alla ennesima foto opportunity.

Se così fosse, chi rischia di più è il Presidente Abbas, che ha dovuto modificare il suo no all’incontro, dopo che il Presidente USA aveva formalizzato l’invito, un no difficile da ribadire senza diventare il cattivo di turno, rimpiazzando Netanyahu con il suo persistente rifiuto delle richieste americane sugli insediamenti. Se il leader palestinese tornasse a mani vuote, gli sarà difficile sottrarsi alle critiche di Hamas, che lo accuserà di aver ceduto senza combattere.

Se invece Obama riuscisse a trasformare il vertice in un successo, che apra la strada al rinnovo dei negoziati, a rischiare sarebbe il leader israeliano, che al ritorno dovrebbe rendere conto dei cedimenti ai suoi rissosi alleati di governo.

NOTE SULL'AUTORE 

Janiki Cingoli

Janiki Cingoli si occupa di questioni internazionali dal 1975. Dal 1982 ha iniziato ad occuparsi del conflitto israelo-palestinese, promuovendo le prime occasioni in Italia di dialogo tra israeliani e palestinesi e nel 1989 ha fondato a Milano il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO), che da allora ha diretto fino al 2017 quando ne è stato eletto Presidente.

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